UN INCONTRO DI GIOIA

A colloquio con monsignor Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica

 

Vivere un momento di gioia e non di tristezza o di tormento: questo dovrebbe essere l’atteggiamento con cui il fedele sperimenta il sacramento della penitenza. Per giungere a questa esperienza del perdono di Dio un aiuto fondamentale possono darlo gli stessi confessori. È per questo che la Penitenzieria apostolica organizza ogni anno un corso per formare e accompagnare i sacerdoti impegnati nelle confessioni. Ne parla in questa intervista a «L’Osservatore Romano», il reggente monsignor Krzysztof Nykiel, alla vigilia del XXX corso sul foro interno, che si aprirà il 25 marzo per concludersi con la celebrazione penitenziale presieduta da Papa Francesco nella basilica vaticana il 29 pomeriggio.

Qual è l’obiettivo del corso sul foro interno?

La Penitenzieria apostolica è nella Chiesa quello speciale “tribunale” posto al servizio di confessori e penitenti per agevolare il più possibile l’accesso alla misericordia infinita di Dio. L’organizzazione dell’annuale corso sul foro interno esprime l’impegno del dicastero particolarmente nella formazione dei novelli sacerdoti e dei seminaristi prossimi all’ordinazione. Oggi più che mai, infatti, ai ministri della misericordia è richiesta un’adeguata e aggiornata preparazione teologica, spirituale, pastorale e giuridica, e la Penitenzieria con questo corso intende offrire loro un prezioso aiuto a formarsi con forte motivazione per amministrare fruttuosamente il sacramento della riconciliazione. Tale attenzione costituisce una costante del magistero di Papa Francesco che, nella sua lettera apostolica Misericordia et misera, affermava: «Ai sacerdoti rinnovo l’invito a prepararsi con grande cura al ministero della confessione, che è una vera missione sacerdotale» (n. 10).

Quali saranno i temi trattati?

Nel corso verrà privilegiato un approccio “concreto” relativo alla retta amministrazione della riconciliazione e alla soluzione di casi particolarmente delicati che, nel sacramento, vengono sottoposti al giudizio e alla misericordia della Chiesa. Sarà completato il quadro con le informazioni necessarie per redigere e inviare le domande o i ricorsi alla Penitenzieria apostolica per le materie di sua competenza. Mi preme soprattutto sottolineare che le lezioni non vogliono comunicare semplicemente nozioni di teologia e diritto, pur sempre necessarie, ma intendono anzitutto fornire ai confessori validi orientamenti per accompagnare concretamente i fedeli con disponibilità, sollecitudine e tenerezza paterna all’incontro con la misericordia di Dio. Sarebbe bellissimo se ogni confessione fosse pienamente vissuta come «una grazia straordinaria, un miracolo permanente della tenerezza divina, nel quale ancora una volta la riconciliazione di Dio, sorella del battesimo, ci commuove, ci lava con le lacrime, ci rigenera, ci restituisce l’originaria bellezza» come ha detto Papa Francesco, al clero di Roma, lo scorso 7 marzo.

Vi sono delle novità nel programma di quest’anno?

Mi sembra che siano due le novità principali che spiccano. In primo luogo, abbiamo voluto dedicare un’attenzione particolare al tema della pedofilia e, più in generale, alle questioni connesse con l’orientamento sessuale. Tutti noi abbiamo presenti gli appelli espressi con forza da Papa Francesco, specie negli ultimi mesi, per condannare con la massima fermezza ogni forma di abuso di potere, di coscienza e sessuale dentro e fuori della Chiesa. Egli ha più volte condiviso il dolore e la pena insopportabili che la piaga degli scandali causa all’intero corpo ecclesiale. La Penitenzieria intende proporre il proprio piccolo contributo, mettendo a disposizione alcune indicazioni per un corretto atteggiamento e un efficace accompagnamento da parte dei confessori, per ciò che, naturalmente, attiene al loro specifico ministero.

E la seconda?

A ciascuno dei sacerdoti iscritti al corso è o sarà affidata la cura di una comunità particolare. Questa seconda novità si manifesta in una maggior attenzione alle pratiche e ai mezzi che possano incentivare nelle comunità locali la celebrazione del sacramento della riconciliazione. Anche questo è un tema particolarmente caro a Papa Francesco, che peraltro nel recente incontro con il clero di Roma ha tracciato chiaramente la strada da seguire: «Negli esercizi spirituali che predicherete alle persone delle vostre comunità, nelle liturgie penitenziali che celebrerete, abbiate il coraggio di proporre la riconciliazione del Signore, di proporre il suo amore appassionato e geloso. Il nostro ruolo è come quello di Mosè: un servizio generoso all’opera di riconciliazione di Dio».

Qual è la sfida pastorale che i confessori si trovano a dover affrontare oggi?

La sfida di aiutare le persone ad aprirsi sempre di più all’esperienza dell’amore di Dio. Viviamo infatti in un contesto sociale dove troppo spesso l’uomo cerca di fare a meno di Dio, lo avverte come presenza ingombrante, come l’antagonista della sua felicità e perciò tenta di sbarazzarsene illudendosi di potercela fare anche senza il suo aiuto. Diventa allora egoista, si ripiega su stesso e si chiude in modo autoreferenziale agli altri e al mondo. C’è urgente necessità, pertanto, di prendere coscienza che Dio non è il concorrente dell’uomo ma il suo più grande sostenitore, e questo è possibile solo quando ciascuno di noi sente di essere amato incondizionatamente da Dio, come avviene ogni volta che ci accostiamo al sacramento della riconciliazione.

Alla luce della recente esortazione Gaudete et exsultate di Papa Francesco, qual è il ruolo del sacramento della penitenza nel raggiungimento della santità?

Con l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, il Papa ricorda a tutti i fedeli che la nostra vera meta è la santità. Il documento menziona la confessione sacramentale tra i mezzi di santificazione tradizionalmente proposti dalla Chiesa. Ma al di là di quest’unico cenno esplicito, leggendo con più attenzione il testo si scoprono alcune caratteristiche del sacramento assai utili nel sostenere il cammino dei credenti verso la santità: aiuto per rialzarsi sempre ogni volta che cadiamo; antidoto contro i veleni del neo-gnosticismo e del neo-pelagianesimo; strumento per accrescere l’umiltà e, al contempo, canale di gioia per il figlio che sperimenta l’abbraccio amorevole del Padre; luogo di verità, che alimenta la memoria grata della propria storia e il discernimento quotidiano. Riscopriamo quindi la fiducia nella misericordia di Dio accostandoci con frequenza al sacramento della riconciliazione, dove chiunque riconosce con cuore pentito le sue colpe può sperimentare la tenerezza dell’amore del Padre. Inoltre, desidero ricordare che la confessione sacramentale è via di santificazione non solo per il penitente, ma anche per il confessore, che ha la grazia di contemplare quotidianamente i miracoli delle conversioni che Dio opera.

di Nicola Gori

© Osservatore Romano - 24 marzo 2019

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