Cari fratelli e sorelle,
Il Cristo Risorto è sempre presente nei cuori di coloro che credono. È presente nella Chiesa, nella storia, in ogni realtà umana, anche se percepibile soltanto con gli occhi della fede. «Possediamo tutto», ci ha annunciato san Paolo nella seconda lettura (2Cor 6,10), perché quel "tutto è Cristo" che ci ha amato fino alla fine (cfr. Gv 13,1).
Lo statuto proprio dell'esistenza della Comunità ecclesiale è la consapevole comunione con il Cristo. In Lui noi facciamo memoria efficace di tutti gli interventi salvifici di Dio e già contempliamo, nella speranza, il nostro futuro destino di gloria. È in Cristo che i Santi Martiri Marciano e Giovanni hanno sperato e creduto. Cristo è l’unico autentico senso del mondo e di tutta la creazione, che ha in Lui l’origine e la pienezza di compimento.
«Cristo è tutto per noi» (S. Ambrogio), perché siamo stati creati a sua immagine e somiglianza e in Lui resi capaci di vivere la vita dello Spirito, per entrare in comunione con il Padre.
Questa è la salvezza! Una realtà stabile in Dio e nel suo disegno di amore per tutta l’umanità. I martiri sono come un dito puntato verso l’autenticità di questo progetto e ci ricordano la verità di questa “charitas” senza limiti.
Oggi, come ai tempi di Marciano e Giovanni, le nostre comunità sono spesso avvilite dal triste spettacolo del mondo senza Cristo, che vive «senza senno, senza costanza, senza amore, senza misericordia» (Rm 1,31).
Il libro della Sapienza ha proclamato che «agli occhi degli stolti» la morte dei giusti appare come una sconfitta, una rovina e una fine sciagurata; eppure essi «sono nelle mani di Dio, nella sua pace» (Sap 3,1.3). Sono solo parole? No, è la realtà!
Il nostro essere radunati insieme riconoscendoli come Patroni, cioè come padri della fede di queste terre, testimonia il carattere fondamentale e primario di una redenzione sempre in atto, che già ci sorregge, ci rianima, ci arricchisce spiritualmente, quali che siano gli squallori mondani da cui siamo circondati.
La nostra speranza non è vuota, ma riempita dalla certezza di fede che Cristo ha vinto il mondo, ha ricapitolato tutto nel suo mistero pasquale (cfr. Ef 1,10) e ha consegnato ogni cosa al Padre.
Per questa vittoria sul peccato e sulla morte noi possiamo benedire Dio che in Cristo ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli (cfr. Ef 1,3).
«Coloro che confidano [nel Signore] comprenderanno la verità – cioè l’accoglieranno nella loro vita –, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui» (Sap 3,9).
L’amore può vincere realmente la morte, anche la più ingiusta, come ci insegnano i Santi Martiri Marciano e Giovanni che sono divenuti per noi testimoni giusti, perché umili servitori di Cristo e del Vangelo per il bene di tutti.
Qual è il rischio per il cristiano? Temere l’odio del mondo!
Il "mondo" per Giovanni sono tutte le illusioni a cui sacrifichiamo la vita, che però ci lasciano vuoti, perché non appartengono alla verità.
Per la Comunità cristiana queste illusioni sono «la mondanizzazione della fede e, quindi, della Chiesa» (H. De Lubac).
Il rischio del cristiano di ogni tempo è di indossare la veste di Cristo, ma di giocare il gioco del mondo. I Santi Martiri ci indicano invece che l’unico in cui è posta la salvezza degli uomini è Cristo, “il tutto per noi”!
E cosa è venuto a fare il Figlio in mezzo a noi? A testimoniare al mondo che cos’è la realtà del nostro essere figli di Dio, dell’essere fratelli e, dunque, la bellezza di vivere nell’amore.
Questa è la divisa del servo che non è più grande del suo Signore, poiché desidera abitare con Lui nell’umiltà e nella somma povertà spirituale, riconoscendo cioè che tutto quello che è e possiede lo ha ricevuto in dono.
È con questa consapevolezza che anche noi insieme al salmista abbiamo potuto cantare: «Esulterò e gioirò per la tua grazia, perché hai guardato alla mia miseria» (Sal 30,8). La salvezza di Cristo viene incontro appunto a questa multiforme miseria.
Essa perciò non si riferisce a “qualcosa” dell'uomo o a “qualche spazio” della sua esistenza, ma all'uomo totale e al suo stato definitivo. È una salvezza che ci è data con la luce della verità, è l’infusione di una nuova capacità di amare, la remissione dei peccati, la restaurazione della libertà di fronte alle forze del male, la partecipazione alla natura divina, la vittoria sulla morte mediante la risurrezione, la vita eterna.
I Santi Martiri Marciano e Giovanni, testimoniando questa vittoria di Cristo sulla morte, avendo conosciuto l’amore con cui sono stati salvati dalla mentalità del mondo per aderire con tutto se stessi alla verità, sono divenuti «capaci di arricchire molti» (2Cor 6,10).
È dunque nel rendimento di grazie che: «Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza» (Spes non confundit, n. 20).
Se siamo di Cristo, allora «possediamo tutto»: nessuna potenza del mondo ci può intimidire, nessuna nostra infedeltà ci può deprimere fino alla disperazione, dal momento che abbiamo la nostra origine nella fonte inesauribile del perdono e della riconciliazione.
Nessuna nostra fiacchezza ci avvilisce, se non ci dimentichiamo che vive con noi Colui che sa assumere le cose deboli per confondere le cose che sembrano forti (cfr. 1Cor 1,2 7).
Se «Cristo è tutto per noi» allora l’annuncio del Vangelo non è infecondo. Non ci può intimorire nessuna creduta impenetrabilità della società in cui viviamo, se rimaniamo nella fede che il Risorto è presente nella sua Chiesa.
Lo Spirito Santo, che ha animato i Santi Martiri, è capace di raggiungere gli animi più lontani e sa entrare delicatamente nelle coscienze che sembrano impermeabili alla verità.
Questa è la «speranza piena di immortalità» che ha spinto Marciano e Giovanni a dare la vita, nello stesso modo in cui questa vita l’avevano ricevuta in Cristo, attraverso la fede di Abbondio e Abbondanzio.
Se il male ci contagia, il bene si diffonde attraverso coloro che credono nell’opera di Dio!
«La testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore» (Spes non confundit, n. 25). Amen.