MESSA CONCLUSIVA DEL RITIRO REGIONALE DEL LAZIO DELLA COMUNITÀ GESÙ RISORTO
Castel Gandolfo (RM), Centro Mariapoli, domenica 20 ottobre 2024
OMELIA DEL CARD. ANGELO DE DONATIS
PENITENZIERE MAGGIORE
Carissimi fratelli e sorelle,
“Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia” (Eb. 4,16): è questo invito che oggi la Liturgia della Parola ci rivolge mediante la Lettera agli Ebrei.
Accostarsi al “trono della grazia” significa avvicinarsi al Mistero Pasquale al quale le letture di questa domenica alludono discretamente.
I versetti di Isaia sono tratti dal quarto Canto del Servo Sofferente e si aprono con una affermazione sconcertante: “Al signore è piaciuto prostrarlo con dolori”. Le parole del profeta vanno comprese bene. Il verbo ebraico che traduciamo con “è piaciuto” evoca più precisamente il progetto salvifico di Dio, che si rivela proprio in quella misericordia che desideriamo ricevere accostandoci a quel “trono di grazia” che è la croce. L'affermazione di Isaia non va compresa nel senso che Dio abbia voluto quella sofferenza ma nel senso che Egli desidera e può ricondurre persino quella sofferenza nell'orizzonte di un disegno di salvezza. Detto altrimenti: la sofferenza del Servo non viene da Dio ma dall'ingiustizia, dalla violenza degli uomini, dal loro peccato.
Dio non preserva il Servo dalla prova ma si pone dalla sua parte, condivide la prova con lui fino ad assumerla ed includerla nel disegno di misericordia e di giustizia. Un disegno che non riguarda soltanto il Servo ma attraverso di lui si estende alle moltitudini, è destinato a tutti. È con questa figura del Servo, è con questa logica di Dio che Gesù identifica se stesso ricordando a Giacomo e a Giovanni e a ogni discepolo che “il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.”
Ai due figli di Zebedeo che gli chiedono di sedere nella sua gloria, Gesù rivela in questo modo quale sia la vera gloria di Dio: è la gloria di chi serve perché è proprio nella logica del servizio vissuto fino al dono totale di sé che Dio rivela la verità del suo volto. Quello che Gesù vive non è più un servizio generico o indeterminato. Ha una qualità precisa: è il servizio di chi vuole e può trasformare perfino l'ingiustizia o la violenza nel luogo di un amore più ostinato e tenace, capace di risplendere nelle tenebre e di vincerle dal di dentro, rifuggendo in esse e attraverso di esse.
Questa è la luce che il Servo vedrà, la luce capace di diradare la notte del male perché è disponibile a trasformare persino l'ingiustizia subita in una giustizia gratuitamente offerta a tutti. “Il giusto mio Servo giustificherà molti”: Gesù dal trono della grazia ci offre una misericordia che non soltanto perdona il nostro peccato ma torna a renderci giusti. Questo significa sedere nella sua gloria e nella gloria del Padre, condividere con lui la disponibilità a offrire se stessi in un servizio che è per le moltitudini anteponendo il loro bene al proprio!
Dov'è il segreto per essere perseveranti in questo servizio così grande che è la disponibilità ad offrire se stessi? E’ nel versetto di Giovanni “Rimanete nel mio amore”: parole pronunciate da Gesù nell'Ultima Cena dopo il gesto umile straordinario della lavanda dei piedi.
Sono un invito, fratelli e sorelle, a non allontanarci da quel cenacolo, a rimanere attorno al Signore e al maestro e a non perdere mai il gusto di quella intimità che ci fa suoi; a rimanere in quello spazio di amicizia autentica e di gratuità piena.
Non mettetevi nell'atteggiamento di chi deve provare a fare qualcosa per “rimanere”, per stare nel suo amore ma considerate questa parola “rimanete nel mio amore” come un dono di Grazia, una realtà che già viviamo. Dal giorno del nostro battesimo siamo entrati nello spazio dell'amore, li siamo rimasti: da quello spazio non siamo più usciti da quello spazio per Grazia siamo abitati.
Siamo entrati in quel momento in un'azione continua di Grazia che non ci abbandonerà mai, per tutta l'eternità.
È meraviglioso tornare con stupore a quell'azione sorgiva che ci ha fatto entrare nella casa di Dio che ci ha fatto entrare nel suo amore. Siamo ora in ogni istante coinvolti in quel abbraccio trinitario: rimaniamo in quell'amore e niente e nessuno potrà mai strapparci da questo amore, nessuno potrà mai strapparci dalle mani sicure del Buon Pastore.
Allora per Grazia possiamo rimanere, possiamo “resistere in quell’amore”; per Grazia abitiamo nello spazio fecondo del suo amore.
Rimanere nel suo amore ci obbliga a dimenticarci. Vicino a Gesù, spogliati da noi stessi, con la potenza dello Spirito possiamo consegnare al Padre la nostra volontà e possiamo così rimanere nelle sue braccia e scegliere quotidianamente ciò che piace al Padre. Se rimaniamo in lui faremo finalmente di noi stessi uno spazio di salvezza. Si tratta così di unirsi personalmente al suo dono; si tratta di far diventare tutto di me… il suo Corpo. La mia anima il luogo dove si realizza il volere di Dio ed io dimentico di me stesso divento solo lo spazio gratuito a disposizione della volontà salvifica di Dio Padre. Amen.