S. MESSA IN OCCASIONE DEL 250° ANNIVERSARIO DELL'AFFIDAMENTO DEL COLLEGIO DEI PENITENZIERI VATICANI AI FRATI MINORI CONVENTUALI (1774-2024)
Basilica di S. Pietro in Vaticano, martedì 22 ottobre 2024
OMELIA DEL CARD. ANGELO DE DONATIS
PENITENZIERE MAGGIORE
Carissimi Padri,
“Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa gli aprono subito”.
Gesù vuole che ogni discepolo, che ciascuno di noi viva come se stesse attendendo qualcuno che ama e dal quale tutta la propria esistenza prende significato e tensione. E quando si attende qualcuno, si fa esperienza di un desiderio che continuamente si alimenta dell’amore e della fiducia, il desiderio di incontrare il volto di colui che si ama e al quale si è affidata tutta la propria vita.
Gesù nel Vangelo ci ricorda che c’è un solo modo per mantenere la vita nell’attesa: rimanendo fedeli a quel cammino concreto, fatto di impegno e responsabilità, fatica e creatività che noi chiamiamo Vocazione. Il Signore desidera trovarci non con le mani in mano, ma lì dove lui ci ha chiamati ad essere, fedeli alla sua volontà senza fughe irreali e senza pretese: siamo semplici servi. Chi sa di essere semplice servo e lo riconosce in ogni momento della sua vita, testimonia di vivere un’esistenza in pienezza, nell’unità del posto che gli è stato assegnato e nella gioia di ascoltare sempre quella voce che ogni giorno gli indica i passi da compiere.
Noi siamo qui per rendere grazie per il 250° anniversario della presenza dei frati minori conventuali a servizio del sacramento della riconciliazione nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il rendimento di grazie è uno stile permanente della nostra vita. Noi sacerdoti lo viviamo in due modi singolarissimi che definiscono il nostro ministero: nella celebrazione del sacramento dell’Eucarestia e in quello della Riconciliazione.
In modo speciale la nostra gratitudine si realizza nella celebrazione della Messa. Sappiamo che celebrando l’Eucarestia ogni giorno si porta a Dio la vita così com’è per ripartire da Lui con la sua Parola e con il Pane del Cammino.
San Giovanni Paolo II nell’Enciclica sull’eucarestia scriveva: “Dal 2 novembre del 1946 in cui celebrai la mia prima messa, i miei occhi si sono raccolti sull’ostia e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo 'contratti' e il dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la sua misteriosa 'contemporaneità'. Ogni giorno la mia fede ha potuto riconoscere nel pane e nel vino eucaristici il Divino Viandante che un giorno si mise a fianco dei due discepoli di Emmaus per aprire loro gli occhi alla luce ed il cuore alla speranza.”
Quando il nostro quotidiano è illuminato dalla Messa, si diventa icone viventi della speranza cristiana. Celebrare la messa non è un impegno tra gli impegni, fosse anche più importante, ma il culmine e la fonte della vita sacerdotale perché tutto possa partire e ritornare lì. È nell’Eucarestia che troviamo i fratelli e le sorelle presenti ma anche preghiamo per coloro che sono ovunque dispersi. Nell’Eucarestia rinnoviamo la speranza di avere il Pane del Cammino che ci anticipa la metà del cielo. Ci auguriamo che il Giubileo possa essere soprattutto per i ministri un’occasione per rimettere al centro l’Eucarestia come segno di speranza per il mondo.
In secondo luogo la nostra gratitudine come sacerdoti si realizza nella speranza immensa che viene donata attraverso il sacramento della penitenza. Quante volte è successo e quante volte succederà durante il Giubileo che potremmo riaccendere la speranza attraverso la confessione e il perdono dei peccati.
Forse sarà proprio, nel contesto intimo di una confessione, che avrà senso il Giubileo, nel Giubileo del cuore per un convertito che ritorna, piuttosto che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. Protesi tra Dio e l’uomo, portando un tesoro in vasi di creta, potremmo avvicinarci al cuore del Padre, capace di fare germogliare fiori nel deserto.
Noi a contatto con l’umano nella sua debolezza e fragilità, saremo ancora di più pellegrini e testimoni di speranza. E la speranza è gettare il grano sulla terra e vedere già le spighe. È accettare di morire vedendo già la Resurrezione.
Papa Francesco in vista del prossimo Giubileo ci ha detto: “Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare il futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante. Il prossimo Giubileo potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza.”
Un’immagine evangelica può aiutarci a riaccendere questa speranza. Si tratta di un miracolo significativo che troviamo nel Capitolo 13 di Luca: “Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era lì una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni, era curva e non riusciva in alcun modo a stare dritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: 'donna sei liberata dalla tua malattia'. Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio".
Il Signore desidera che questa donna possa guardarlo negli occhi e sentirsi guardata nel cuore, fino ad essere raddrizzata per vivere pienamente e servire gioiosamente.
La donna curva è immagine della Chiesa che deve essere guarita dalla sua autoreferenzialità. Occorre ritrovare la possibilità di ricentrare lo sguardo su Gesù per accogliere il suo sguardo così come lo riceviamo attraverso il Vangelo. Allora anche noi potremmo camminare a testa alta ricordando che è l’orgoglio che ci fa piegare ma l’umiltà ci raddrizza. Solo se saremo umili potremmo raddrizzarci e guidare e accompagnare!
Per vivere così l’attesa abbiamo un punto fermo: la Vergine Maria in cammino. La sua anima magnifica il Signore perché Dio guarda l’umiltà della sua serva e perché resiste ai superbi e innalza gli umili.
Maria accompagni tutti noi in questo pellegrinaggio verso il Giubileo, assista noi penitenzieri a mostrarci prima di tutto la via del cielo e la Porta Santa per arrivarci che è Cristo stesso. Amen